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I primi voli

Il 4 maggio 1912, a Bétheny, nelle vicinanze di Reims, Francesco Baracca si staccò da terra per la prima volta, nell’abitacolo anteriore del monoplano pilotato da Marcel Hanriot, figlio del proprietario della scuola civile di volo, Renè. Tali furono la sorpresa e l’emozione provate durante quel breve volo che Francesco si affrettò a condividerle con il padre, attraverso una lunga lettera: “Non cesso di compiacermi con me stesso di essere riuscito a togliermi, almeno per qualche tempo, dalla vita monotona del reggimento, per darmi ad una vita più sportiva è più varia. Sono arrivato all’aviazione per modo di dire senza nemmeno saperlo e senza neppure farmi molto raccomandare, ed ora mi accorgo di aver avuto una idea meravigliosa perché l’aviazione ha progredito immensamente ed avrà un avvenire strepitoso […] Appena il motore si mosse l’Hanriot partì per l’aria come una freccia, nel lasciare la terra non ho provato nessuna impressione tanto l’apparecchio dava segno di stabilità. […] Era un meraviglioso sogno ad occhi aperti vedermi scorrere di sotto gli alberi, le strade, la campagna; è una cosa piacevolissima guardare giù e mi sono assicurato di non soffrire affatto di capogiri.”

Tesserino di entrata dell’Aerodrome de la Champagne appartenuto a Baracca

A Reims l’addestramento procedeva molto gradualmente, gli allievi, infatti, imparavano a rullare in linea retta per poi staccarsi a poco a poco da terra, eseguendo semplici manovre. Il tempo libero non mancava, e Baracca e compagni si godevano la vivace vita mondana di Reims, familiarizzando con i colleghi francesi e recandosi per qualche giorno a Parigi , all’epoca capitale indiscussa della Belle Èpoque. Dopo aver ottenuto, il 9 luglio, il brevetto di pilotaggio n.1037 dell’Aeroclub di Francia, Francesco tornò in Italia e si presentò al comando del Battaglione Aviatori presso la Caserma La Marmora di Torino.

Qui ricevette istruzioni di frequentare la Scuola militare di volo di Cascina Malpensa, diretta dal capitano Moreno. Fu destinato, con sua grande soddisfazione, al pilotaggio del Nieuport monoplano. Tutto ciò comportava la ripetizione delle prove per il conseguimento del brevetto. A causa del gran numero di allievi e della scarsità di mezzi, il nuovo addestramento progrediva a rilento e Baracca si consolava montando a cavallo e seguendo le manovre di cavalleria che si stavano svolgendo nei pressi della Malpensa.

A metà ottobre iniziò le prove per conseguire il brevetto da pilota militare su Nieuport, ottenendo così l’ambito distintivo dell’aquiletta sormontata dalla corona.
La prova finale, consistente in un raid della durata di un’ora e mezzo, ebbe luogo il 7 dicembre con itinerario Malpensa-Mirafiori. Baracca, già ritenuto dai superiori uno degli allievi più promettenti e capaci, ricevette l’encomio di Giulio Douhet, vicecomandante del Battaglione Aviatori e futuro teorico della guerra aerea. Per festeggiare la conquista del brevetto, Baracca tornò a Parigi per qualche giorno, accompagnato da due colleghi e dall’istruttore Ugo de Rossi del Lion Nero.

Nel marzo del 1913 Francesco fu trasferito a Torino, presso il campo di Mirafiori, con l’incarico di prendere i rilievi cronometrici dei voli in occasione di tre gare, indette dal Ministero della Guerra, per valutare apparecchi, motori e materiali d’aviazione. Tornato in Lombardia, nell’agosto del 1913 fu assegnato alla 6a Squadriglia, agli ordini del capitano Marenghi sul campo di Taliedo. A fine mese Baracca portò in volo il padre Enrico, giunto appositamente da Lugo con altri conoscenti, esperienza che Francesco definì come “la maggior soddisfazione che ho provato durante i miei voli ”. Fra l’8 e il 18 settembre partecipò, inserito nella 5a Squadriglia, alle Grandi Manovre di cavalleria dove vennero impiegate alcune squadriglie, in supporto alle truppe di terra, con compiti di esplorazione.
Il 27 settembre Baracca riuscì a realizzare il desiderio di raggiungere Lugo, volò sulla sua città natale e atterrò nei pressi del Pratolungo di Fusignano, festeggiato dai concittadini.

Gli ultimi mesi dell’anno non furono un periodo facile per Francesco, infastidito dai continui trasferimenti fra Busto Arsizio e Taliedo, impegnato nell’attività di sorveglianza a Varese presso gli stabilimenti Macchi e soprattutto incaricato di sostituire alla Malpensa il tenente Calori nell’istruzione degli allievi. Tale insofferenza è ben manifestata in diverse lettere scritte alla madre Paolina in cui Baracca affermava senza mezzi termini: “È un incarico di fiducia, ma del quale faccio volentieri a meno, ed ho già presentato il mio reclamo. […] mi trovo assai bene nel mio alloggio e non desidero altro che mi lascino un poco in pace e di finire di fare il…commesso viaggiatore”. Questa fase di difficoltà, in cui ebbe il dubbio di abbandonare l’aviazione, andò scemando all’inizio del 1914, complice forse una lunga licenza. Tornò a Taliedo alla fine di febbraio e tre mesi più tardi fu incaricato dell’istruzione degli ufficiali osservatori.

Allo scoppio della Prima Guerra Mondiale, in Italia, venne a crearsi un clima d’incertezza e di neutralità precaria che caratterizzò inevitabilmente i mesi successivi. Inoltre Francesco si trovò di fronte ad una difficile scelta professionale: gli era stato infatti proposto di poter diventare ufficiale d’ordinanza del Generale Masi, incarico caldeggiato dalla madre Paolina. Baracca scelse di rimandare la decisione “quando questo momento sarà passato” e aggiunse “ora che l’aviazione si è dimostrata di tale utilità e che si cercano piloti e si procura di prepararne il maggior numero possibile in poco tempo, non è più decoroso che io me ne allontani tanto più che sono considerato uno dei migliori e più esperimentati ”.

Nel dicembre la 6a Squadriglia, inquadrata nel II Gruppo, fu trasferita a Pordenone, in attesa di una sempre più probabile entrata in guerra dell’Italia contro l’Impero Austroungarico. Dopo mesi di voli di prova e di ricognizione del territorio, allo scoppio delle ostilità il 24 maggio 1915, Francesco ed alcuni suoi compagni si trovavano già a Parigi, in attesa di addestrarsi sui nuovi biplani Nieuport 10 destinati ad equipaggiare la sua squadriglia. 

Il primo soggiorno in terra francese fu, per Baracca, uno dei periodi più felici e spensierati della propria vita . Arrivato a Reims alla fine dell’aprile 1912 , con gli amici e colleghi Umberto Venanzi, Arturo Oddo e Cesare Buzzi Gradenigo; Francesco prese alloggio in una stanza del Grand Hotel, di fronte alla facciata dell’imponente cattedrale gotica.
Oltre a frequentare la scuola di volo presso il vicino campo di volo di Bétheny, il gruppo di ufficiali italiani potè usufruire dell’automobile messa a loro disposizione dal proprietario della scuola , Renè Hanriot, e soprattutto di “pranzi e champagne a fiumi e si capisce perché da noi dipende tutto l’avvenire del suo apparecchio in Italia ”. Pur non essendo un grande centro, Reims offriva numerosi passatempi quali escursioni a cavallo e serate trascorse al Kursaal, un cafè concerto, con molti ufficiali francesi. L’atmosfera che si respirava a Reims, dove continuamente si vedevano “passare motociclette e automobili per terra e velivoli per aria ”, venne molto apprezzata da Francesco, il quale provò un senso di sollievo poiché in Francia, volare era “la cosa più naturale di questo mondo ”, a differenza dell’Italia, dove gli aviatori erano considerati “come dei pazzi, o almeno dei temerari ”. Baracca e colleghi fecero visita anche al console italiano Mazzucchi, proprietario di uno stabilimento dedito alla produzione dello champagne.

Ovviamente non mancò di fare una gita a Parigi, visitando le maggiori attrazioni della capitale come l’Opera, la Tour Eiffel, Les Invalides, il Louvre, Les Tulleries, il Trocadero, il Bois de Boulogne e le corse all’ippodromo di Longchamp, occasione in cui rimase colpito dall’eleganza del pubblico cosmopolita e dove “si sentivano parlare tutte le lingue del mondo”. La sfavillante vita notturna abbagliò la comitiva di ufficiali italiani, che trascorse serate alle Folies Bergère, al Marigny, da Maxim’s, al Rat Mort, da Monico.
L’ambiente parigino piacque così tanto a Francesco che a distanza di poche settimane, vi tornò una seconda volta. In una lettera alla madre Paolina, Baracca notò ironicamente che i restaurants di Montmartre erano “un po’ diversi dalle chiese di S. Francesco e di S. Maria di Lugo”.

Ottenuto il brevetto da pilota aviatore , lasciò a malincuore Reims, osservando con una certa dose di malinconia che “non torneranno per me mai più giorni belli come questi ” ed il 14 luglio , mentre la folla parigina festeggiava per le strade la presa della Bastiglia, Francesco ripartì da Parigi alla volta dell’Italia .
Il soggiorno a Reims a cavallo fra la primavera e l’estate, non fu l’unico in terra francese, durante il 1912: per festeggiare il conseguimento del brevetto da pilota militare, Baracca si recò nuovamente a Parigi in dicembre , dove visitò le officine Nieuport, un’esposizione di automobili ai Campi Elisi, trovando la Ville Lumière “sempre meravigliosa ”.

L’aviatore lughese si recò per l’ultima volta in Francia nel maggio del 1915 per l’addestramento sul nuovo biplano Nieuport 10 presso il campo di volo del Bourget, base della difesa aerea di Parigi .
Dopo nove mesi di guerra, la capitale francese era profondamente cambiata : i locali ed i caffè effettuavano la chiusura alle 22:30, così come i teatri, abiti in nero avevano sostituito le vivaci mise indossate dalle donne parigine e soprattutto la città era colma di ufficiali provenienti da “ogni parte del mondo” in attesa di ritornare al fronte e di soldati convalescenti. In una lettera ai genitori, Francesco descrisse l’austera atmosfera : “Parigi è ora piena di bandiere italiane e tutta la città è imbandierata coi colori delle nazioni alleate. Vi è però assai poco movimento ed un aspetto di serietà che impressiona per chi conosceva prima la città. La sera i boulevards sono quasi all’oscuro […] per l’aria fasci luminosi dei riflettori ed aeroplani che volano a grande altezza con i fari accesi sul carrello d’atterraggio ”.
Dopo aver terminato i voli al Bourget e aver scambiato reciproci auguri con i colleghi francesi, Francesco rientrò in Italia alla fine di luglio.

In Francia

Il primo soggiorno in terra francese fu, per Baracca, uno dei periodi più felici e spensierati della propria vita . Arrivato a Reims alla fine dell’aprile 1912, con gli amici e colleghi Umberto Venanzi, Arturo Oddo e Cesare Buzzi Gradenigo; Francesco prese alloggio in una stanza del Grand Hotel, di fronte alla facciata dell’imponente cattedrale gotica.
Oltre a frequentare la scuola di volo presso il vicino campo di volo di Bétheny, il gruppo di ufficiali italiani potè usufruire dell’automobile messa a loro disposizione dal proprietario della scuola, Renè Hanriot, e soprattutto di “pranzi e champagne a fiumi e si capisce perché da noi dipende tutto l’avvenire del suo apparecchio in Italia”. Pur non essendo un grande centro, Reims offriva numerosi passatempi quali escursioni a cavallo e serate trascorse al Kursaal, un cafè concerto, con molti ufficiali francesi. L’atmosfera che si respirava a Reims, dove continuamente si vedevano “passare motociclette e automobili per terra e velivoli per aria”, venne molto apprezzata da Francesco, il quale provò un senso di sollievo poiché in Francia, volare era “la cosa più naturale di questo mondo”, a differenza dell’Italia, dove gli aviatori erano considerati “come dei pazzi, o almeno dei temerari”. Baracca e colleghi fecero visita anche al console italiano Mazzucchi, proprietario di uno stabilimento dedito alla produzione dello champagne.

Francesco Baracca, seduto al centro della foto, in compagnia di amici ai margini del campo di volo di Bétheny nell’estate del 1912

Ovviamente non mancò di fare una gita a Parigi, visitando le maggiori attrazioni della capitale come l’Opera, la Tour Eiffel, Les Invalides, il Louvre, Les Tulleries, il Trocadero, il Bois de Boulogne e le corse all’ippodromo di Longchamp, occasione in cui rimase colpito dall’eleganza del pubblico cosmopolita e dove “si sentivano parlare tutte le lingue del mondo”. La sfavillante vita notturna abbagliò la comitiva di ufficiali italiani, che trascorse serate alle Folies Bergère, al Marigny, da Maxim’s, al Rat Mort, da Monico.
L’ambiente parigino piacque così tanto a Francesco che a distanza di poche settimane, vi tornò una seconda volta. In una lettera alla madre Paolina, Baracca notò ironicamente che i restaurants di Montmartre erano “un po’ diversi dalle chiese di S. Francesco e di S. Maria di Lugo”.

Ottenuto il brevetto da pilota aviatore, lasciò a malincuore Reims, osservando con una certa dose di malinconia che “non torneranno per me mai più giorni belli come questi” ed il 14 luglio, mentre la folla parigina festeggiava per le strade la presa della Bastiglia, Francesco ripartì da Parigi alla volta dell’Italia.
Il soggiorno a Reims a cavallo fra la primavera e l’estate, non fu l’unico in terra francese, durante il 1912: per festeggiare il conseguimento del brevetto da pilota militare, Baracca si recò nuovamente a Parigi in dicembre, dove visitò le officine Nieuport, un’esposizione di automobili ai Campi Elisi, trovando la Ville Lumière “sempre meravigliosa”.

L’aviatore lughese si recò per l’ultima volta in Francia nel maggio del 1915 per l’addestramento sul nuovo biplano Nieuport 10 presso il campo di volo del Bourget, base della difesa aerea di Parigi.
Dopo nove mesi di guerra, la capitale francese era profondamente cambiata: i locali ed i caffè effettuavano la chiusura alle 22:30, così come i teatri, abiti in nero avevano sostituito le vivaci mise indossate dalle donne parigine e soprattutto la città era colma di ufficiali provenienti da “ogni parte del mondo” in attesa di ritornare al fronte e di soldati convalescenti. In una lettera ai genitori, Francesco descrisse l’austera atmosfera: “Parigi è ora piena di bandiere italiane e tutta la città è imbandierata coi colori delle nazioni alleate. Vi è però assai poco movimento ed un aspetto di serietà che impressiona per chi conosceva prima la città. La sera i boulevards sono quasi all’oscuro […] per l’aria fasci luminosi dei riflettori ed aeroplani che volano a grande altezza con i fari accesi sul carrello d’atterraggio”.
Dopo aver terminato i voli al Bourget e aver scambiato reciproci auguri con i colleghi francesi, Francesco rientrò in Italia alla fine di luglio.

 


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